domenica 5 aprile 2020

Quaderni Step#06

Il primo testo che affronterò sono i "Quaderni" di Emil Cioran, scrittore rumeno naturalizzato francese.L'opera consta di un'incredibile mole di aforismi e frammenti scritti tra il 1957 e il 1972, pubblicati dalla casa editrice Adelphi nel 2001 e che assomma a più di 1100 pagine.Il pretesto di scrittura di ciascun aforisma è del tutto occasionale: un anniversario, la vista di qualcosa dalla finestra, un dolore fisico, la lettura di un testo, ricordi e recuperi della memoria.Sebbene l'eterogeneità della raccolta faccia si che essa non sia focalizzata espressamente sul dolore, esso tuttavia vi raggiunge una tematizzazione altissima e multiforme.Da un punto di vista formale sono due le caratteristiche principali di questa tipologia di scrittura: 1) il non avere caratteristiche; 2) lo stigma della brevità e della asciuttezza. Il primo punto significa la possibilità di trattare di tutto in qualsiasi modo, mentre il secondo significa sottomettere la percezione alla logica espressiva della condensazione e della sintesi,ora caustica e tagliente,ora laconica e rassegnata.Gestire una scrittura cosi qualitativamente e quantitativamente complessa, radicalizzando il tema e le figure del dolore, è decisamente impegnativo. Tra i tanti toni che compongono la tavolozza di Cioran in merito al nostro tema, due in particolare riescono a imporsi con vigore: dolore come paura e dolore come fonte di commiserazione.Il primo aforisma è stato scritto il 7 Giugno 1958:

Trovato in un angolo un pezzo di formaggio, gettato li da chissà quanto tempo. Un esercito di insetti neri tutto intorno. Quegli stessi che immaginiamo consumare gli ultimi resti di un cervello. Pensare al proprio cadavere, alle orribili metamorfosi cui sarà sottoposto, ha qualcosa di tranquillizzante: vi corazza contro le pene e le angosce; una paura che ne distrugge mille altre.

Questo frammento racchiude molte delle prospettive che a Cioran interessa sviluppare quando del dolore si vogliono dare gli epifenomeni, cioè le conseguenti manifestazioni. Il dolore si fa paura, poi angoscia riempita di immagini grottesche, poi antidoto e farmaco dell'anima.
Il secondo frammento è stato scritto il 24 Febbraio 1958:

Visioni di crolli. Ecco in che cosa vivo dalla mattina alla sera. Ho tutte le infermità di un profeta senza averne le doti. E tuttavia so-con una certezza impetuosa, irresistibile di possedere, se non dei lumi almeno dei barlumi sull'avvenire. E che avvenire, Dio mio! Mi sento contemporaneo di tutti i futuri terrori. 

Il senso metafisico della sofferenza abbatte ogni paratia tra l'io che firma la copertina del libro e la persona che negli aforismi dice io.Il dolore è qui male, sentimento di caduta e di condanna, oppressione dell'uomo nel dominio dell'umano, asintoto sghembo verso una redenzione. In Cioran il dolore rende lo scrittore asintotico: il dolore è un asintoto, fa si che l'uomo spinga verso il superamento di se stesso salvo poi constatare che la grazia stessa è caduta e decadenza. In questo quadro l'ironia che porta lo scrittore a chiamare in causa Dio è al tempo stesso irriverenza e piagnisteo. Il Dio di Cioran, tra le tantissime cose, è un Dio presente, raramente negato (e si tenga presente che lo scrittore fu dichiaratamente ateo) , che sembra quasi divertirsi dei modi con cui l'uomo attraverso la sofferenza si fa piccolo e inerme.



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