Con Cartesio si abbandona la concezione metafisica del dolore, che trova nel cervello la sua sede. Il dolore, infatti, giunge attraverso i nervi da un'affezione periferica del corpo nel cervello. Corpo e anima per la prima volta sono nettamente separati dal punto di vista antropologico. Tuttavia, il dualismo cartesiano non impedisce l'unità di corpo e mente. Cartesio non deve essere associato alle teorie meccanicistiche che ignorano l'effetto della mente sul corpo. Il dolore, infatti, è un fenomeno che dimostra l'esistenza del corpo e la sua unione con la mente:
Non vi è nulla che la mia natura mi insegni in maniera più
evidente che io ho un corpo, che sta male quando sento un dolore. [...] la
natura mi insegna attraverso queste sensazioni di dolore, fame, sete ecc., che
io non tanto mi trovo nel mio corpo come un marinaio si trova nella nave, ma
che sono collegato a quello in modo strettissimo e quasi confuso, in maniera
tale da costituire quasi una sola cosa con quello. Altrimenti, infatti, quando
il mio corpo è colpito, io, che non sono nient'altro che una cosa che pensa,
non sentirei perciò il dolore, ma afferrerei questa lesione col puro
intelletto, come il marinaio percepisce con la vista se qualcosa si spezza
nella nave.
L'anima, la cui essenza è il pensare, il ragionare e il provare emozioni, consente all'uomo di percepire il dolore in maniera diversa a seconda della sua disposizione. In una lettera alla principessa Elisabetta di Germania, affetta da febbre, Cartesio scrive:
La salute fisica e la presenza di oggetti gradevoli aiuta
molto la mente, scacciando da essa tutte le emozioni che contribuiscono alla
tristezza e aprendo la strada a quelle che favoriscono la gioia. Al contrario,
quando la mente è piena di gioia, ciò aiuta molto a far sì che il corpo goda di
una migliore salute.
Spinoza inserisce il dolore nell'ambito delle emozioni: è compreso nel concetto di tristitia, insieme al dolore psichico e associato al fenomeno della melanconia:
Vediamo quindi che la Mente può subire grandi cambiamenti, e
passare ora da una certa perfezione ad una perfezione maggiore, e ora da una
certa perfezione a una perfezione minore: e proprio queste passioni, o
mutazioni della Mente, ci spiegano i sentimenti della Letizia e della
Tristezza. Per Letizia, quindi, intenderò qui di seguito la passione per cagion
della quale la Mente passa ad una perfezione maggiore; per Tristezza invece
intenderò la passione per cagion della quale la Mente passa a una perfezione
minore. Chiamerò poi Eccitazione, o Allegrezza, il sentimento della Letizia
riferito insieme alla Mente e al Corpo; e chiamerò Dolore, o Melanconia, il
sentimento della Tristezza riferito insieme alla Mente e al Corpo. Si deve però
notare che l'Eccitazione e il Dolore si riferiscono all'Uomo quando una sola
sua parte è interessata più delle altre da Letizia o da Tristezza, mentre
l'Allegrezza e la Melanconia hanno luogo quando tutte le parti sono interessate
in modo eguale.
Spinoza rompe con lo schema antagonistico, nel quale la
ragione era assunta come specificazione essenziale dell'uomo in quanto animale
razionale, e le passioni, in stretta connessione con gli impulsi tipicamente
ferini, finivano per essere l'elemento perturbante; ciò che adombra la cristallina
chiarezza della razionalità e il suo orientamento al bene, perciò erano da
evitare, sottomettere, estirpare. Spinoza propone di comprendere l'umano in
tutte le sue articolazioni e riconoscere che le passioni, anche quelle tristi o
turpi, appartengono alla natura dell'uomo, unità inscindibile di mente e corpo.
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