Il tema del dolore è trattato anche nella filosofia di Platone e in particolare nel dialogo "Filebo".
Innanzitutto parliamo brevemente di questo dialogo.Esso è un dialogo scritto da Platone nella fase finale della sua
produzione, probabilmente subito dopo il secondo viaggio in Sicilia (366-365
a.C.).È l'ultimo scritto in cui il filosofo attribuisce al maestro il ruolo di
protagonista: discutendo con Filebo e Protarco, Socrate ricerca il «vero Bene»
in grado di garantire una vita felice, partendo dalla possibilità – in seguito
negata – che esso coincida con il piacere. Socrate inizia il dialogo distinguendo quattro generi:1) finito (pèiras), 2) infinito (àpeiras), 3) misto tra
finito e infinito,4)causa della mescolanza.
L'analisi del dolore viene trattata nel secondo genere che
,spiegherà Socrate, sarà strettamente collegato al concetto di piacere.
Innanzitutto Socrate analizza i vari tipi di piacere e
dolore.Socrate inizia con quelli legati al corpo distinguendoli da quelli
dell'anima che si rivelano essere attese di dolori o piaceri futuri:
I dolori
sono il risultato della corruzione degli elementi naturali, mentre i piaceri
consistono nella loro aggregazione.
SOCRATE: Occorre vedere, dopo di ciò, dove si trova ciascuno dei due, e in quale condizione e animo si generano,
qualora si generino.
Innanzi tutto il piacere: come abbiamo esaminato per primo il genere cui appartiene, così condurremo per prima
questa indagine.
E però non potremo mai esaminarlo adeguatamente, se la nostra analisi sarà separata da quella sul dolore.
PROTARCO: Se dobbiamo prendere questa strada, prendiamola. SOCRATE: Abbiamo, tu e io, la stessa opinione sulla loro origine?
PROTARCO: Quale opinione?
SOCRATE: Mi sembra che dolore e piacere appartengano per natura al genere misto.
PROTARCO: Ricordaci, caro Socrate, che cosa mai vuoi intendere per quel "misto" di cui si è parlato.
SOCRATE: Lo farò per quanto mi sarà possibile, carissimo.
PROTARCO: Dici bene.
SOCRATE: Per "misto" alludevamo al terzo genere fra i quattro detti.
PROTARCO: Intendi dire ciò che dicevi che stava dopo l'infinito e il finito, in cui avevi posto la salute e l'armonia?
SOCRATE: Dici benissimo. Presta attenzione quanto più puoi.
PROTARCO: Dimmi pure.
SOCRATE: Voglio dire che, spezzandosi l'armonia che si trova in noi, esseri viventi, avviene da quel momento la
dissoluzione della nostra natura e contemporaneamente la nascita della sofferenza.
PROTARCO: Quello che dici mi sembra verosimile.
SOCRATE: Quando invece questa armonia torna di nuovo a riunirsi e rientra nella sua natura si deve dire che ha
origine il piacere, se proprio dobbiamo fornire una breve e veloce spiegazione intorno a questioni di grandissima
importanza.
PROTARCO: Credo che sia giusto quello che tu dici, Socrate: ma proviamo a spiegare queste cose in modo ancora
più chiaro.
SOCRATE: Non è dunque più facile riflettere su quegli esempi noti a tutti e di evidenza scontata?
PROTARCO: E quali esempi?
SOCRATE: La fame: non è dissoluzione e dolore?
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: Ma il mangiare, poiché mi riporta di nuovo alla sazietà, è piacere?
PROTARCO: Sì .
SOCRATE: Anche la sete è corruzione e dolore, ma è piacere la possibilità che il liquido ha di ristabilire
nuovamente l'umidità là dove c'era aridità. E quella separazione e dissoluzione contro natura, ovvero la sensazione di
caldo soffocante, è dolore, mentre il ritorno secondo natura a una temperatura più fresca è piacere.
PROTARCO: Certamente.
SOCRATE: E il congelamento contro natura dell'umidità animale è dolore: mentre la strada che secondo natura
porta a quella medesima condizione di prima e alla separazione di ciò che era congelato è piacere.
In una parola, considera se ti pare logico il ragionamento per cui il genere che nasce animato secondo natura
dall'infinito e dal finito, come dicevo anche prima, qualora questo si corrompa, questa corruzione sia dolore, mentre se
ritorna alla sua essenza primitiva, tale ritorno sia considerato piacere.
PROTARCO: Sia pure così . Mi sembra che questo discorso abbia una sua logica.
SOCRATE: Dobbiamo supporre allora che vi sia un unico genere del dolore e anche del piacere in queste due
diverse disposizioni?
PROTARCO: Supponiamolo.
SOCRATE: Tieni presente che all'anima appartengono, in relazione all'attesa di questi due fenomeni, sia la dolce ed
intrepida speranza prima delle cose piacevoli, sia la paura e il dolore prima di eventi dolorosi.
PROTARCO: Questa è un'altra forma di piacere e di dolore e consiste nella separazione dell'anima dal corpo
durante l'attesa di qualche evento.
SOCRATE: Hai inteso nel modo giusto. E in queste specie del dolore e del piacere che, secondo la mia opinione,
nascono entrambe pure e a quanto pare non mescolate, risulterà evidente che il genere che riguarda il piacere o può
desiderarsi nella sua interezza, oppure dobbiamo applicare tale considerazione a qualche altra delle specie citate, mentre
per il piacere e il dolore, come per il caldo e il freddo e tutte le sensazioni di questo tipo, ora sono desiderabili, ora no,
non essendo dei beni, anche se talvolta alcuni di essi lo diventano quando accolgono la natura dei beni.
Vi è poi la condizione felice in cui vivono
le divinità, che non conosce dolori e piaceri.Socrate passa quindi a
concentrare la propria attenzione sui piaceri misti, nati dalla diversa
combinazione di piaceri dell'anima e del corpo tra di loro, soffermandosi sul
concetto di sensazione, intesa quale comune disposizione e movimento comune di
anima e corpo. Questa si differenzia dal ricordo, il quale nasce nel momento in
cui la memoria richiama in sé stessa una sensazione che aveva appreso e che ha
perduto.Fatte queste premesse, Socrate e i suoi interlocutori possono ora
dedicarsi all'analisi dei piaceri e alla nascita del desiderio, il quale ha
origine nell'anima, non nel corpo: per esempio, una cosa è la sete, che deriva
da una mancanza, altra è il desiderio di bere, che invece nasce nell'anima allo
scopo di colmare il vuoto. Questo parallelismo permette a Socrate di dimostrare
che i piaceri possono essere cattivi: non sempre i piaceri e i dolori sono veri
ma, così come le opinioni, possono anche essere falsi, poiché infatti capitano
casi di persone che pensano di provare piacere senza che ciò avvenga
realmente.Vi è però anche il caso di piaceri che non nascono dal dolore per una
mancanza, ma dalla conoscenza: si tratta dei piaceri puri, che si provano con
l'apprendimento e la contemplazione disinteressata. Solo questi possono essere
perseguiti, mentre gli altri piaceri, a cui è mischiato del dolore, non possono
coincidere con il Bene perché partecipano del suo contrario, il male.