venerdì 10 aprile 2020

Filebo Step#08

Il tema del dolore è trattato anche nella filosofia di Platone e in particolare nel dialogo "Filebo".
Innanzitutto parliamo brevemente di questo dialogo.Esso è un dialogo scritto da Platone nella fase finale della sua produzione, probabilmente subito dopo il secondo viaggio in Sicilia (366-365 a.C.).È l'ultimo scritto in cui il filosofo attribuisce al maestro il ruolo di protagonista: discutendo con Filebo e Protarco, Socrate ricerca il «vero Bene» in grado di garantire una vita felice, partendo dalla possibilità – in seguito negata – che esso coincida con il piacere. Socrate inizia il dialogo distinguendo quattro generi:1) finito (pèiras), 2) infinito (àpeiras), 3) misto tra finito e infinito,4)causa della mescolanza.
L'analisi del dolore viene trattata nel secondo genere che ,spiegherà Socrate, sarà strettamente collegato al concetto di piacere.
Innanzitutto Socrate analizza i vari tipi di piacere e dolore.Socrate inizia con quelli legati al corpo distinguendoli da quelli dell'anima che si rivelano essere attese di dolori o piaceri futuri:
 I dolori sono il risultato della corruzione degli elementi naturali, mentre i piaceri consistono nella loro aggregazione.

SOCRATE: Occorre vedere, dopo di ciò, dove si trova ciascuno dei due, e in quale condizione e animo si generano, qualora si generino. Innanzi tutto il piacere: come abbiamo esaminato per primo il genere cui appartiene, così condurremo per prima questa indagine. E però non potremo mai esaminarlo adeguatamente, se la nostra analisi sarà separata da quella sul dolore.
PROTARCO: Se dobbiamo prendere questa strada, prendiamola. SOCRATE: Abbiamo, tu e io, la stessa opinione sulla loro origine? 
PROTARCO: Quale opinione? 
SOCRATE: Mi sembra che dolore e piacere appartengano per natura al genere misto. 
PROTARCO: Ricordaci, caro Socrate, che cosa mai vuoi intendere per quel "misto" di cui si è parlato. 
SOCRATE: Lo farò per quanto mi sarà possibile, carissimo. 
PROTARCO: Dici bene. 
SOCRATE: Per "misto" alludevamo al terzo genere fra i quattro detti. 
PROTARCO: Intendi dire ciò che dicevi che stava dopo l'infinito e il finito, in cui avevi posto la salute e l'armonia? 
SOCRATE: Dici benissimo. Presta attenzione quanto più puoi. 
PROTARCO: Dimmi pure. 
SOCRATE: Voglio dire che, spezzandosi l'armonia che si trova in noi, esseri viventi, avviene da quel momento la dissoluzione della nostra natura e contemporaneamente la nascita della sofferenza. 
PROTARCO: Quello che dici mi sembra verosimile.  
SOCRATE: Quando invece questa armonia torna di nuovo a riunirsi e rientra nella sua natura si deve dire che ha origine il piacere, se proprio dobbiamo fornire una breve e veloce spiegazione intorno a questioni di grandissima importanza. 
PROTARCO: Credo che sia giusto quello che tu dici, Socrate: ma proviamo a spiegare queste cose in modo ancora più chiaro. 
SOCRATE: Non è dunque più facile riflettere su quegli esempi noti a tutti e di evidenza scontata? 
PROTARCO: E quali esempi? 
SOCRATE: La fame: non è dissoluzione e dolore? 
PROTARCO: Certamente. 
SOCRATE: Ma il mangiare, poiché mi riporta di nuovo alla sazietà, è piacere?
PROTARCO: Sì . 
SOCRATE: Anche la sete è corruzione e dolore, ma è piacere la possibilità che il liquido ha di ristabilire nuovamente l'umidità là dove c'era aridità. E quella separazione e dissoluzione contro natura, ovvero la sensazione di caldo soffocante, è dolore, mentre il ritorno secondo natura a una temperatura più fresca è piacere. 
PROTARCO: Certamente. 
SOCRATE: E il congelamento contro natura dell'umidità animale è dolore: mentre la strada che secondo natura porta a quella medesima condizione di prima e alla separazione di ciò che era congelato è piacere. In una parola, considera se ti pare logico il ragionamento per cui il genere che nasce animato secondo natura dall'infinito e dal finito, come dicevo anche prima, qualora questo si corrompa, questa corruzione sia dolore, mentre se ritorna alla sua essenza primitiva, tale ritorno sia considerato piacere. 
PROTARCO: Sia pure così . Mi sembra che questo discorso abbia una sua logica. 
SOCRATE: Dobbiamo supporre allora che vi sia un unico genere del dolore e anche del piacere in queste due diverse disposizioni? 
PROTARCO: Supponiamolo. 
SOCRATE: Tieni presente che all'anima appartengono, in relazione all'attesa di questi due fenomeni, sia la dolce ed intrepida speranza prima delle cose piacevoli, sia la paura e il dolore prima di eventi dolorosi. 
PROTARCO: Questa è un'altra forma di piacere e di dolore e consiste nella separazione dell'anima dal corpo durante l'attesa di qualche evento. 
SOCRATE: Hai inteso nel modo giusto. E in queste specie del dolore e del piacere che, secondo la mia opinione, nascono entrambe pure e a quanto pare non mescolate, risulterà evidente che il genere che riguarda il piacere o può desiderarsi nella sua interezza, oppure dobbiamo applicare tale considerazione a qualche altra delle specie citate, mentre per il piacere e il dolore, come per il caldo e il freddo e tutte le sensazioni di questo tipo, ora sono desiderabili, ora no, non essendo dei beni, anche se talvolta alcuni di essi lo diventano quando accolgono la natura dei beni.




 Vi è poi la condizione felice in cui vivono le divinità, che non conosce dolori e piaceri.Socrate passa quindi a concentrare la propria attenzione sui piaceri misti, nati dalla diversa combinazione di piaceri dell'anima e del corpo tra di loro, soffermandosi sul concetto di sensazione, intesa quale comune disposizione e movimento comune di anima e corpo. Questa si differenzia dal ricordo, il quale nasce nel momento in cui la memoria richiama in sé stessa una sensazione che aveva appreso e che ha perduto.Fatte queste premesse, Socrate e i suoi interlocutori possono ora dedicarsi all'analisi dei piaceri e alla nascita del desiderio, il quale ha origine nell'anima, non nel corpo: per esempio, una cosa è la sete, che deriva da una mancanza, altra è il desiderio di bere, che invece nasce nell'anima allo scopo di colmare il vuoto. Questo parallelismo permette a Socrate di dimostrare che i piaceri possono essere cattivi: non sempre i piaceri e i dolori sono veri ma, così come le opinioni, possono anche essere falsi, poiché infatti capitano casi di persone che pensano di provare piacere senza che ciò avvenga realmente.Vi è però anche il caso di piaceri che non nascono dal dolore per una mancanza, ma dalla conoscenza: si tratta dei piaceri puri, che si provano con l'apprendimento e la contemplazione disinteressata. Solo questi possono essere perseguiti, mentre gli altri piaceri, a cui è mischiato del dolore, non possono coincidere con il Bene perché partecipano del suo contrario, il male.

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